Il grande telaio by Chiara Beghelli

autore:Chiara Beghelli [Beghelli, Chiara]
La lingua: eng
Format: epub
editore: LUISS University Press
pubblicato: 2024-03-26T10:00:21+00:00

Fra le 156 fiabe scritte da Hans Christian Andersen nel corso della sua vita, una si intitola “Il lino” e inizia così: “Il lino era in fiore. Aveva bellissimi fiori blu, morbidi come le ali di una falena, o forse ancora più morbidi. Il sole splendeva sul lino e le nuvole di pioggia lo innaffiavano, e a lui piaceva come a un bambino piace essere lavato e avere un bacio dalla mamma; i bambini diventano ancora più belli e lo stesso accadeva al lino”. La storia della piantina prosegue attraverso numerose trasformazioni: prima diventa filo, poi stoffa, poi abito, carta (che al tempo si faceva anche con stracci), libro. “Ogni volta mi ripeto: La canzone è finita! e invece mi succede qualcosa di molto meglio e più elevato. Adesso dovrò certamente viaggiare, essere mandato in tutto il mondo, affinché tutti gli uomini possano leggermi! È la cosa più probabile. Prima avevo fiorellini blu, ora per ogni fiore posseggo i pensieri più belli! Sono il più felice di tutti!”, medita il lino. Finirà per essere bruciato nel camino, ormai inutilizzabile, e anche lì celebrerà il suo stato finale, quello di allegre fiamme che fanno sorridere i bambini.

La storia del lino è in effetti una delle più antiche conosciute da una fibra tessile. Anzi, sembra sia la più lunga: nel 2009 una missione archeologica internazionale ha rinvenuto minuscoli frammenti del primo tessuto della storia, fatto di steli di lino intrecciati, risalenti a oltre trentamila anni fa, nelle grotte paleolitiche di Dzudzuana, in Georgia. Il più antico abito di cui si ha notizia, invece, è al momento il cosiddetto “abito di Tarkhan”, ritrovato a inizio Novecento durante gli scavi nell’omonimo sito egiziano: è una tunica in lino risalente al 3400-3100 a.C., che oggi si può ammirare al Petrie Museum of Egyptian Archaeology di Londra. “Quanto al lino […] ci fornisce un tessuto così semplice e sottile che protegge senza pesare; è adatto a ogni stagione e, a quanto dicono, non produce assolutamente insetti”, scrive Plutarco nel suo Iside e Osiride, tanto per restare nella stessa area tessile e geografica. Di lino l’umanità si è dunque vestita sin dai suoi albori, ma con il filato ricavato da questa esile ed elegante pianta ha anche prodotto robuste vele, le tele dei pittori, lo stoppino delle candele, i nastri trasportatori del tabacco destinato alle sigarette. E come aveva intuito Andersen, il raggio delle sue applicazioni si è esteso ulteriormente.

Per averne un’approfondita dimostrazione la destinazione migliore è Villa d’Almè, piccolo borgo in provincia di Bergamo, dove si trova lo stabilimento del Linificio e Canapificio Nazionale. Un nome quasi d’altri tempi, un po’ autarchico, per un’impresa fondata esattamente il 14 gennaio 1873 da Andrea Ponti insieme al figlio Ettore, che crebbe così velocemente da diventare, appena tre anni più tardi, la terza azienda italiana quotata alla Borsa valori di Milano. In effetti, però, all’epoca l’Italia era un importante produttore di lino, e negli anni del fascismo divenne il secondo al mondo per la canapa, dopo la Russia. “Queste valli un tempo erano ricoperte da bellissime distese di fiori blu.

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